Ansia: criteri diagnostici ed epidemia COVID-19

CRITERI DIAGNOSTICI

Il disturbo d’ansia viene definito all’interno del DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistco dei disturbi Mentali) [1] come la presenza di una preoccupazione eccessiva che l’individuo ha difficoltà a gestire nella gran parte delle sue attività (lavorative e scolastiche) per un periodo di almeno sei mesi. L’ansia, per soddisfare i criteri di un disturbo, deve manifestarsi insieme ad altri sintomi (tensione, stanchezza, difficoltà a concentrarsi, vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare, e alterazioni del sonno) che causano un disagio notevole dal punto di vista clinico e implicano difficoltà in diversi ambiti di vita del paziente.

In una situazione di ansia o di ordine fobico è frequente una tendenza a focalizzarsi in modo eccessivo sul proprio corpo, che comporta anche un modo più intenso di vivere le emozioni [2]. In questa ottica, quindi si può fare riferimento all’essere ansiosi come un particolare modo di essere e di sentire le proprie emozioni. Ciò fornisce un punto di vista in parte differente rispetto alla descrizione dei sintomi illustrati nel DSM5. Tale prospettiva condurrebbe a pensare che gli stati ansiosi si sviluppano essenzialmente rispetto al contesto che l’individuo vive e alle sue emozioni. Inoltre, il modo di emozionarsi risulta avere implicazioni anche nelle relazioni con gli altri, infatti “l’emozionarsi è il sentimento globale di Sè (carne) che emerge dall’essere in uno specifico contesto, ed eventualmente in una specifica relazione interpersonale (altro)“.[2]

ANSIA E COVID-19

Quanto visto prima implicherebbe che per diminuire l’ansia venga fatto un lavoro principalmente sull’ individuo, sul suo contesto e sulle relazioni con gli altri. Nella situazione di cambiamento che stiamo vivendo a causa del COVID-19, il nostro contesto di vita e le nostre relazione hanno in gran parte subito delle modifiche, e la condizione della quarantena potrebbe avere delle probabili conseguenze sul benessere psicologico. Infatti, come dimostrato in alcuni studi raccolti in una review parecchio recente [3] la quarantena potrebbe aumentare il rischio di effetti psicologici negativi quali sintomi post-traumatici da stress, ansia, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, distacco dagli altri e peggioramento della performance lavorativa. Tenendo in considerazioni questi dati, sarebbe auspicabile che nelle situazioni di rischio in cui si verificano le conseguenze psicologiche appena elencate, venga fornito un supporto adeguato e accessibile a tutti coloro che potrebbero averne bisogno.

RISORSE UTILI E BIBLIOGRAFIA
  1. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (2014), DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano[]
  2. Liccione, D. (2019). Psicoterapia Cognitiva Neuropsicologica. Bollati Boringhieri, Torino.[][]
  3. Brooks, S., K., Webster, R., K., Smith, L., E., Wooland, L., Wessely, S., Greenberg, N., et al. (2020) []

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